Cattleya: coltivazione e cura
Quando un coltivatore si trova davanti ad una pianta di Cattleya, austera ed elegante, non può che mescere l’emozione suscitata dalla visione del fiore con un razionale controllo di una tecnica colturale che deve essere il più possibile rigorosa.
Coltivare una Cattleya, così come coltivare qualsiasi pianta, significa assicurare ad essa le sue funzioni vitali normali; una pianta durante il giorno svolge tre attività: crea il cibo (zucchero), operazione per la quale è necessaria la luce, consuma il cibo creato (respirazione) e cresce. Se il bilancio tra cibo prodotto e consumato è passivo, allora significa che la pianta sta consumando più di quanto riesce a produrre e pertanto si dice che è in stress. Durante la notte la pianta non fabbrica cibo, ma la respirazione e lo sviluppo continuano, usando il cibo prodotto durante il giorno.
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Temperatura
La temperatura regola il ritmo delle attività di una pianta. Una temperatura bassa rallenta i processi vitali mentre una temperatura alta li accelera, benché non in modo uguale per tutte e non indefinitamente. Quando si parla di temperatura ottimale si intende un range entro il quale una pianta può compiere tutti i processi vitali normali, con un buon equilibrio tra attività e riposo. La temperatura notturna ideale scelta per un particolare tipo di orchidea è la temperatura alla quale sviluppo e respirazione sono ben bilanciati e la pianta cresce senza consumare in modo eccessivo le sue riserve di cibo. Per la Cattleya tale temperatura è di 13-15°C. A temperature più basse la crescita si rallenta, a temperature più alte la respirazione tende ad eccedere rispetto allo sviluppo e la pianta si esaurisce. Con la luce abbondante, la sintesi degli zuccheri aumenta quando la temperatura sale verso i 30°C. La temperatura diurna dovrebbe idealmente essere di 5°C superiore a quella notturna. D’inverno e con il tempo fresco è facile da conseguire. I problemi sorgono quando la stagione è calda. Le attività della pianta rimangono in equilibrio finché la temperatura non supera i 30°C; al di sopra di questo livello d’equilibrio è rotto. Con temperature più alte c’è pericolo di bruciature ed anche di perdere la pianta. Le piante possono tollerare una temperatura di 35°C per qualche ora e di 38°C per un tempo ancor più breve, ma quando la temperatura sale ancora la situazione si fa rapidamente più critica. Vi sono metodi per modificare le condizioni della serra: l’uso dell’ombreggiante, la ventilazione, l’umidità e la circolazione d’aria.
Oggi siamo in grado di controllare abbastanza bene le temperature ambientali durante tutto l’anno grazie anche ai termometri ambientali, assicurando così alle piante un buon equilibrio tra le temperature notturne e quelle diurne, tra la quantità di luce e la temperatura diurna e tra l’umidità e gli altri fattori. L’inverno significa freddo per chi abita il nostro paese sia al nord che al sud mentre per altri significa solo una stagione più fresca. Per questo non si possono seguire delle regole e dire che cosa bisogna fare ogni mese: la regola è che non ci sono regole. La base della coltura deve necessariamente essere il fabbisogno delle piante e ogni coltivatore deve regolare le condizioni ambientali di conseguenza. D’inverno possiamo mantenere le temperature al livello che è considerato ottimale per le Cattleya: da 12,5°C a 15,5°C durante la notte, e da 17°C a 20°C durante il giorno. Nei giorni invernali bui, freddi o piovosi, quando c'è poca luce, le piante non possono fare la fotosintesi e pertanto non possono fabbricare tanto zucchero quanto ne fabbricherebbero con un sole brillante, quindi una temperatura diurna più alta indurrebbe la pianta a consumare di più di quanto riesce a produrre e ciò sarebbe deleterio. In un giorno di sole invece lasciate che la temperatura si alzi fino a 25°C. Il sole scalderà la serra in modo ottimale e naturale senza costi aggiuntivi, la luce forte permetterà alle piante di fabbricare una buona quantità di cibo. Nelle limpide giornate soleggiate di gennaio, quando la durata del giorno inizia ad aumentare, aprite gli sfiatatoi, lasciate una fessura nelle finestre in modo che le piante vengano inondate di aria fresca e pulita durante le ore più calde del giorno. Si deve sempre cercare di mantenere un’aria viva nella serra per le nostre orchidee. Durante l’inverno la serra tende a diventare un tantino troppo umida e darle aria, quando si può, procura sollievo alle piante così come alle persone prevenendo le malattie. Giorno e notte, inverno o estate, l’aria nella serra deve circolare! Non fate l’errore dei primi coltivatori vittoriani che scambiavano le serre per delle stufe e come madri apprensive non lasciavano che uno spiffero d’aria fresca entrasse o uscisse, e con l’intento di proteggere a tutti i costi le loro beniamine tropicali si ritrovavano poi con una montagna di verdura lessa, senza contare poi le malattie. La circolazione dell’aria rende la temperatura più uniforme, impedisce il formarsi di strati d’aria calda in alto e fredda in basso o sacche di aria ferma, morta o infetta. L’aria deve muoversi da ogni lato intorno alle piante. Questo fine può facilmente essere raggiunto con l’installazione di uno o più ventilatori (a seconda delle dimensioni della serra) in modo da aiutare l’aria a rifluire in un movimento circolare che vada a mescolare i diversi strati di aria che naturalmente si creano per differenza di temperatura e umidità dal pavimento fino al soffitto. L’aria che circola non solo mantiene la temperatura uniforme, ma è di validissimo aiuto come prevenzione delle malattie. L'aria in movimento non danneggia le piante, purchè sia della temperatura giusta e contenga una giusta umidità. Un’aria calda e asciutta che soffi sulle piante le danneggerà di sicuro, così come una corrente di aria fredda o una sacca di aria umida stagnante. Le piante non devono mai essere a contatto con le pareti di vetro o plastica per evitare che le foglie gelino o si imbruniscano per via del freddo. In casi estremi si può cercare di mantenere il calore appendendo fogli di polietilene all’interno della serra: pare che il sistema dia buoni risultati. Non si conoscono dati sul tempo medio che una Cattleya riesce a resistere a 0°C o a temperature inferiori. Non è pericoloso se la temperatura si abbassa a +5°C per un paio d’ore e poi risale ma lo è se rimane tale per qualche ora. Per un periodo breve possono gelare solo gli apici o i fiori ma per un periodo più lungo il gelo pian piano si impossessa di tutta la pianta, i tessuti appaiono come molli giacchè l’acqua contenuta nei tessuti che si è trasformata in ghiaccio ha distrutto le cellule. La primavera porta con sé un tempo così variabile che dovrete seguire la vostra serra con molta attenzione. La traiettoria del sole è quasi sempre alta nel cielo e i giorni si fanno più caldi. In un giorno luminoso e tiepido la serra si può scaldare in poco tempo e a differenza dell’inverno quando possiamo dimenticarci di entrare in serra anche per dei giorni se il tempo è freddo e nuvoloso, durante la primavera è obbligatorio aprire la serra ogni giorno durante le ore più calde, pena il raggiungimento di temperature troppo elevate che possono danneggiare le piante.
Per aver un termine di paragone basti pensare a quanto diventa calda un’automobile parcheggiata al sole. L’ombra è dunque un mezzo importante per controllare le temperature diurne. Come i giorni si fanno più luminosi potete controllare il calore di mezzogiorno aprendo le finestre di ventilazione o affidare a un sistema automatizzato questo compito per chi di voi è lontano da casa per giorni. La temperatura nel pomeriggio poi, una volta calato il sole, scende piuttosto rapidamente in primavera: assicuratevi dunque che le finestre siano chiuse a metà pomeriggio. A primavera inoltrata sarà necessario il telo ombreggiante per evitare scottature sulle foglie. Paradossalmente l’estate rappresenta il vero problema nella gestione della temperatura: se in inverno infatti, seppur con dispendio notevole di tempo e combustibile, le temperature saranno quasi perfettamente simili a quelle desiderate dal coltivatore, in estate quando la temperatura sale oltre il limite, siamo del tutto quasi impotenti. Non ci dovremo preoccupare delle notti d’estate: saliranno a temperature superiori di quelle d’inverno ma non è un problema dal momento che anche la temperatura diurna e l’irraggiamento saranno sufficienti per assicurare sufficiente fotosintesi alle piante. Le Cattleya, provenienti dalle fresche foreste collinari del sud-America probabilmente preferiscono senza dubbio temperature notturne estive che non superino i 18°C ma talvolta non è così. D’estate vi è molta differenza tra la temperatura notturna e quella diurna. L’aria fresca della notte porta sollievo alle piante dopo il calore del giorno. Durante la stagione calda la serra rimarrà aperta giorno e notte senza timore alcuno. È necessario un certo tempo affinché la serra si raffreddi: tutto è caldo, le piante, i vasi, i bancali e il pavimento. Le finestre aperte aiutano la serra a raffreddarsi più rapidamente e la mantengono fresca fino al mattino successivo. Farete un grande favore alle piante se riuscirete a mantenere le temperature diurne estive al di sotto dei 30°C: sembrano molti ma in estate in serra, anche fortemente ombreggiata, si raggiungono in brevissimo tempo. Dato che le foglie assorbono la luce, saranno a temperatura più alta dell’aria circostante. Se l’aria della serra è a 38°C le foglie sono a temperature maggiori. Personalmente mi è capitato di dimenticare la serra chiusa in un giorno d’estate: se per disgrazia la temperatura dovesse superare i 40°C non allarmatevi, non succede nulla! Se le piante sono state precedentemente irrigate e hanno possibilità di far evaporare acqua per abbassare la temperatura se la caveranno; potranno perdere qualche foglia, ma con la vegetazione nuova dell’anno successivo recupereranno senza problemi. Mantenete sempre in funzione i ventilatori per far circolare l’aria più fresca che è vicino al suolo e aumentate l’umidità con frequenti bagnature e nebulizzazioni perché si crei una corrente di aria umida più fresca tra le piante. L’acqua che evapora nell’aria la rinfresca e rinfresca le superfici degli oggetti dai quali evapora.
Umidità
Il coltivatore di successo è colui che vive con le piante, praticamente un animale di serra. I vecchi floricoltori dicevano che sapevano valutare l’umidità con il naso. Noi vogliamo essere più precisi anche se non possiamo del tutto dare torto ai nostri avi, in quanto è possibile capire se l’atmosfera è quella giusta o no. Se entrando in serra, questa vi dà la sensazione di essere secca, e se siete in grado di fiutare il calore con il naso, allora vi saranno molte probabilità che il suolo e le altre cose siano secche e che l’aria secca faccia presto seccare anche le piante se non si immette presto nella serra un po’ di umidità. Se l’aria invece è stagnante e densa di umidità, opprimente al punto che desiderereste aprire la porta per avere sollievo, vi trovate di fronte ad un problema d’altro genere. Se infine quando entrate nella serra vi sembra di aver aperto la porta in un mattino di primavera, se l’aria è leggera e fortificante, circolando intorno come spinta da una lieve brezza e voi potete sentire la fragranza delicata, umida, che sa di terra, delle piante, allora potete essere sicuri che l’atmosfera è quella giusta. Ma al di là della poesia che la serra può suggerire vediamo ora qualche dato più preciso.
L’aria calda può contenere più vapore acqueo dell’aria fredda. L’umidità relativa, espressa in percentuale, indica il quantitativo d’acqua realmente contenuto nell’aria in confronto al quantitativo che potrebbe contenere ad una data temperatura. Ad esempio, alle dodici di un giorno in cui la temperatura è di 27°C, l’aria contiene il 35% dell’acqua che potrebbe contenere, così l’umidità relativa è espressa dalla percentuale 35%. Ma durante la sera, più fresca, se la temperatura scende putativamente a 10°C, senza che cambi la reale quantità d’acqua, l’aria è satura e l’umidità relativa sarà del 100%. È infatti la temperatura che determina se l’aria può contenere più o meno acqua.
L’aria calda tende ad attirare l’acqua, ad assorbirla dalle superfici delle cose e dalle piante. In un giorno caldo si è osservato che le piante appassiscono quando l’aria calda assorbe l’acqua da esse più rapidamente di quanto esse riescano a rimpiazzarla per mezzo delle radici. Tanto più l’umidità relativa è bassa, tanto più l’aria secca richiamerà umidità (acqua) dalle foglie che traspireranno attraverso gli stomi e perderanno acqua.
Le Cattleya sono orchidee dalle foglie piuttosto spesse e difficilmente le vedremo appassire, ma se l’aria è troppo secca, a lungo andare, si raggrinziranno e gli pseudobulbi tenderanno ad avvizzirsi. Gli steli fiorali possono diventare deboli tanto da non essere capaci di sostenere le corolle e i fiori a loro volta possono perdere la consistenza. Durante l’inverno un tasso di umidità del 60% crea un buon equilibrio per le piante, purché l’aria sia mantenuta in costante e lieve movimento. È naturalmente di grande aiuto installare un igrometro (misuratore di umidità) in modo da rilevare i valori esatti. Aumentare l’umidità all’interno della serra può significare bagnare con la canna dell’acqua i passaggi tra i bancali e il pavimento sottostante le piante, senza bagnare le piante. Con il ventilatore in azione, che ricordo deve sempre essere a potenza ridotta per non creare vento ma una leggera brezza, l’aria umida raccolta viene via via fatta asciugare. Questo è il sistema più antico facile e diffuso; ma è necessario che qualcuno sia in serra per eseguire l’operazione. Per chi è fuori casa tutto il giorno o non abbia voglia di bagnarsi le scarpe, è meglio collocare nella serra un umidificatore che rileva l’umidità presente e la corregge al bisogno. I sistemi che prevedono atomizzatori o nebulizzatori sono da preferirsi durante l’estate perché il loro utilizzo può lasciare le foglie delle piante umide durante la notte nel periodo invernale, favorendo l’insorgenza di malattie. Si possono in alternativa installare diversi nebulizzatori sotto i bancali, risolvendo il problema. Benché durante la notte quando la temperatura scende l’umidità aumenti, d’inverno, con il riscaldamento acceso, l’aria può risultare comunque troppo secca, soprattutto se il tempo è nuvoloso da settimane e non si ha avuto occasione di innaffiare; bagnare alla sera il pavimento e i passaggi tra i bancali può essere una buona abitudine.
Per proteggere invece le piante dal disseccamento dovuto alle temperature calde estive è in uso la tecnica di nebulizzare le piante anche più volte durante il giorno al fine di abbassare la temperatura delle foglie, senza effettuare una vera e propria bagnatura. In termini generali, vaporizzare le piante può essere utile per le Cattleya appena rinvasate, fino a che il loro sistema radicale non si sia rimesso in funzione, per tutte le piante appese, che seccano prima di quelle appoggiate sui banchi o per pianticelle molto giovani, magari appena trasferite dalla coltura in vitro. L’operazione di nebulizzazione dovrebbe essere comunque fatta alla mattina presto, per permettere alle piante di asciugarsi prima della notte. Questo non significa che il composto o l’aria debbano diventare secchi, ma semplicemente le piante devono apparire asciutte. Sulle superfici bagnate possono germinare spore di funghi o batteri sporigeni. L’acqua che ristagna sulle foglie può veicolare batteri flagellati o spore di funghi che in atmosfera asciutta rimarrebbero fermi. Troppe piante ammassate inoltre creano spesso un’atmosfera troppo umida, l’aria non può circolare liberamente tra i vasi e le foglie come nel caso di piante convenientemente distanziate. Abbiamo detto sopra che un’umidità relativa del 60% va bene durante l’inverno. Preferiremmo tuttavia un’umidità oscillante: 60% di notte e 40% di giorno, perché riteniamo che un breve intervallo di umidità più bassa contribuisca alla buona salute delle piante.
Luce
Se qualcuno di voi avesse mai visto delle Cattleya in natura, magari abbarbicate sotto delle palme sulle coste del Brasile o dell’Honduras, sa per certo che spesso tali esemplari risultano turpi a vedersi, bruciati dal sole e mangiati dagli animali pur recando abbondanti fioriture: ma la natura è natura, la natura mediamente uccide e ciò che noi vediamo in natura è un esemplare sopravvissuto a scapito di cento altri che la natura stessa ha eliminato.
Noi del resto non siamo in natura e ovviamente nessuno di noi gradirebbe che la natura facesse selezione sulla nostra collezione e ci decimasse la popolazione della serra. Sono comunque lontani i tempi in cui le Cattleya venivano coltivate in ombra fitta, insieme a felci ed altre piante provenienti dalle foreste, perché non si sapeva nulla della loro fisiologia. L’importante è dare alle Cattleya tanta luce quanto ne richiedano, fornendo l’ombreggiamento conveniente secondo i cambi stagionali e mantenendo un giusto equilibrio con la temperatura e l’umidità. Le Cattleya hanno bisogno di tanta luce in ogni momento dell’anno. Le piante stesse ci indicheranno se ricevono il giusto quantitativo di luce. Se la luce è buona, gli pseudobulbi saranno carnosi e duri, le foglie spesse e rigide e il colore da un verde medio a un verde chiaro. La fioritura sarà quella che dimostrerà se le piante hanno ricevuto o meno le adatte condizioni di luce. Le piante che fioriscono bene, producendo fiori consistenti su steli robusti, avranno avuto luce sufficiente durante il periodo importante della crescita, dello sviluppo della gemma e dello schiudersi del fiore. Una luce insufficiente fa crescere piante con steli sottili, molli e deboli. Gli pseudobulbi non si arrotondano come dovrebbero, le foglie si piegano alla giuntura con lo pseudobulbo e la pianta rischia di non fiorire. I getti che non producono guaine, oppure guaine senza gemme, vengono chiamati “getti ciechi”. Di contro troppa luce provoca la perdita della clorofilla; le foglie diventano gialle o bronzee e avvizziscono. Una luce troppo forte può invece bruciare le foglie. Una bruciatura si presenta come un’area arsa che più tardi diventa secca e scura. Per ovviare all’eccessiva luminosità che abbiamo durante l’estate, il metodo consueto per ombreggiare una serra è l’applicazione di una rete ombreggiante: si usa applicarne due, una sopra l’altra in due diversi momenti della primavera e dell’estate; uno più leggero in primavera e uno più pesante all’inizio dell’estate: in autunno vanno tolti con l’ordine inverso. Durante l’inverno invece, daremo alle piante più luce possibile, che alle latitudini del nostro Paese è comunque sempre troppo poca per le piante tropicali. Alla fine dell’inverno, quando i giorni cominciano ad allungarsi e il sole diventa più caldo, tenete nuovamente d’occhio le piante per capire quando è tempo di ombreggiare. Nei primi giorni caldi si può regolare la temperatura con la ventilazione e le spruzzature, soprattutto verso mezzogiorno. Ma appena la luce diviene più forte e qualche foglia ingiallirà sarà tempo di ombreggiare. Se la primavera scoppia improvvisamente agite prima che le piante prendano delle bruciature. Dobbiamo sempre rammentare a noi stessi infatti che le Cattleya, seppur siano le orchidee che vivono sui livelli più alti della biocenosi della foresta, nel loro habitat naturale non ricevono mai il pieno sole perché sono naturalmente ombreggiate dalle fronde degli alberi sui quali crescono.
Acqua
Benché le Cattleya nel loro habitat naturale ricevano ogni giorno una dose di pioggia o un bagno di nebbia, in coltura raramente richiedono di essere innaffiate quotidianamente. Sui rami dove crescono le loro radici sono abbarbicate a un substrato sottile di muschi e di licheni di due o tre centimetri di spessore, oppure pendono liberamente nell’aria. Alcune sono attaccate direttamente alla corteccia. Questo significa che le radici sono molto aerate in ogni momento e che le piante sono sottoposte ad un continuo alternarsi di periodi secchi e umidi. In coltura le Cattleya hanno le radici a contatto del composto contenuto nel vaso che essendo compresso si asciuga più lentamente di quanto non facciano le radici esposte all’aria. Le radici nel vaso ricevono una bella bagnata quando si innaffia la pianta. Inoltre, possono assorbire umidità per alcuni giorni, tutta quella di cui hanno bisogno, rimanendo a contatto con il composto umido. I diversi composti scelti per l’invasatura sono stati scelti per la loro capacità di trattenere o sgrondare l’acqua. Permettono un ottimo drenaggio, un’aerazione eccellente e, nello stesso tempo, trattengono l’acqua lasciando entrare l’aria tra un interstizio e l’altro. Con composti di tale specie si è tentati di innaffiare più frequentemente di quanto sia necessario. Ma conviene fare molta attenzione, controllando il substrato ogni giorno ed evitando di bagnare finché non si è perfettamente sicuri che ciò sia necessario. Se non si è data acqua a sufficienza è più facile aumentare le innaffiature piuttosto che rimettere in sesto una pianta le cui radici siano mezze marce per eccesso idrico. Ogni innaffiatura deve essere un atto deciso e completo, non esistono mezzi termini: quando si innaffia lo si fa senza dubbi e con mano ferma! Con il tubo da innaffiare si dirige il getto dell’acqua diretto sulla pianta lasciando che l’acqua corra finché uscirà dal fondo del vaso. Dopo una generosa innaffiata, si deve permettere al composto di asciugare quasi del tutto prima di bagnare ancora. Toccate il composto, pressatelo con le dita o infilate le dita tra il composto e la parete del vaso, spostate i primi pezzetti di corteccia per vedere in quale stato si trova la corteccia subito sottostante. Se il composto è elastico e le dita ricevono una sensazione di freschezza, significa che l’umidità è ancora sufficiente. Se il composto è friabile e non si risolleva dopo la pressione delle dita, allora è troppo secco. Cercate di capire quando sta per diventare asciutto e poco prima che raggiunga la secchezza totale innaffiate nuovamente. Se lo lasciate asciugare completamente, diventa poi difficile bagnarlo bene giacché la corteccia poi diventa refrattaria all’acqua: in ogni caso non preoccupatevi troppo, meglio più asciutta che ancora bagnata. In tal caso occorrerà bagnare due o tre volte ad intervalli di pochi minuti, ma sarà sempre meglio che bagnare ciò che è già bagnato. Alcuni coltivatori sono soliti regolarsi con il peso del vaso: quando il composto è quasi secco, il vaso è leggero; quando è più pesante, il composto è bagnato. Un composto di corteccia, il più usato in assoluto per le Cattleya, assolutamente incoerente e formato di piccoli pezzi, lascia passare l’acqua con molta facilità. Fate dunque attenzione a lasciare l’acqua scorrere per un tempo abbastanza lungo perché la corteccia si imbeva completamente. La corteccia poi, è facile che sia asportata da un forte getto d’acqua se le radici non sono ben abbarbicate, situazione tipica di piante subito dopo il rinvaso. Applicate dunque un diffusore o una rosetta che riducano l’acqua a pioggia e innaffiate in questo modo puntando il tubo di irrigazione direttamente sui vasi. Dopo una buona innaffiata, controllate la corteccia ogni giorno e non bagnate finché questa rimane umida. La parte in superficie può asciugare prima del resto; scavate quindi con un dito per capire che cosa succede sotto. Una corteccia nuova, subito dopo il rinvaso, sarà refrattaria all’acqua e non assorbirà bene l’acqua nei primi tempi e per qualche mese sarà opportuno innaffiare più spesso, soprattutto se la stagione è calda.
La frequenza delle innaffiature dipende da molti fattori: non è possibile attenersi a regole fisse. I vasi piccoli seccano più facilmente dei grandi, i vasi appesi si asciugano prima di quelli appoggiati sul bancale, in estate il composto si asciuga prima che in inverno e una serra con forte circolazione d’aria induce il composto ad asciugare prima. I vasi di plastica trattengono l’umidità meglio di quelli di terracotta, giacché il vaso di terracotta traspira su tutta la sua superficie mentre il vaso di plastica lo fa solo dai fori. Il tempo che un composto impiega ad asciugarsi dipende anche dalle dimensioni del vaso e dalle condizioni della pianta nel vaso: una pianta ben accestita con un apparato radicale fitto che ha colonizzato tutto il vaso consumerà più acqua di una pianta piccola con pochi pseudobulbi in un grande vaso. Non è raro infatti vedere grandi esemplari di vecchie Cattleya rimaste nello stesso vaso per due o tre anni che consumano molta acqua e asciugano prima di una piccola pianta che sia appena stata divisa. L’innaffiatura sarà un’operazione più facile quindi se terrete divise le piante secondo le grandezze e le condizioni.
Anche se nell’habitat da cui provengono le Cattleya non sono sottoposte a sensibili cambiamenti di umidità e temperatura, hanno comunque un periodo di leggero riposo vegetativo. Le Cattleya hanno periodi di grande attività quando per esempio emettono nuove radici e nuovi getti o producono fiori, oppure periodi durante i quali, per quello che possiamo vedere, non sono attive. Non tutte le Cattleya poi fioriscono nella stessa stagione, ne esistono a fioritura invernale e a fioritura estiva; indipendentemente dall’epoca di fioritura, quando una Cattleya emette nuove radici, di solito in concomitanza con l’emissione del nuovo germoglio, così come quando prepara la spata fiorale, necessita di più acqua di quando invece, passata la fioritura, entra in un periodo di riposo fino all’emissione del germoglio successivo. Ma le Cattleya non sono caratterizzate da un riposo completo e non rimangono del tutto inattive durante il periodo di arresto vegetativo anche se esternamente ci possono apparire ferme: il fatto che le chiome delle piante siano inattive non significa certo che lo siano anche le radici. All’interno della pianta avvengono infatti i mutamenti che daranno poi origine allo sviluppo di una nuova vegetazione alla produzione della spata fiorale e la pianta continua, seppur in misura minore, ad assorbire acqua. Durante il periodo di riposo i processi di una pianta rallentano, ma essa continua a produrre e consumare cibo avendo quindi bisogno di acqua per queste funzioni. Durante l’inverno per la temperatura più bassa e i giorni più corti, le piante consumano meno acqua dell’estate. La temperatura più bassa fa asciugare il composto più lentamente. In estate può essere necessario innaffiare anche tutti i giorni, se le temperature lo richiedono e l’atmosfera è secca. Quando sarà necessario invece solo nebulizzare le foglie per abbassare le temperature, abbiate cura di non bagnare il composto e non innaffiare contemporaneamente. Bisogna prestare attenzione ai ristagni idrici: un vaso contenente un substrato sempre pregno d’acqua è normalmente pieno di radici imputridite. L’assenza di aria, non solo rallenta il lavoro delle radici perché impedisce loro di respirare, ma permette l’accumulo di sostanze tossiche e promuove lo sviluppo di alghe e batteri nocivi. Dato che un eccesso d’acqua contribuisce alla morte o alla mancanza di vitalità del sistema radicale, ne consegue che la pianta non può crescere bene. Radici imbevute d’acqua non assorbono più né acqua né sali, le foglie ingialliscono, specialmente le più vecchie, i nuovi getti non fioriscono e restano più piccoli dei precedenti. Una pianta, come ogni essere vivente, ha come obiettivo quello di crescere per perpetuare la specie: una Cattleya che produce uno pseudobulbo più piccolo di quello dell’anno precedente non sta crescendo e pertanto si trova in uno stato di regressione che è per noi un grande insuccesso.
Cure generali
La fioritura di una bella Cattleya che abbiamo accudito per un anno intero, è la dimostrazione che la somma degli attimi non è stata vana. Quando le piante fioriscono, state attenti a che le gemme non rimangano bloccate nella guaina. Qualche volta infatti la guaina diventa secca prima del tempo oppure è costituita di un tessuto troppo duro e la gemma non riesce a farsi strada. Fatta eccezione per i tipi che hanno la guaina doppia, tenendo le piante controluce potrete scorgere le gemme. Ho invece visto per esperienza che l’acqua non nuoce ai fiori, purché possano asciugarsi molto velocemente e l’atmosfera non sia umida e stagnante. Quando una Cattleya sta producendo nuovi getti, aiutatela a mantenere una posizione eretta sostenendola via via che i getti si sviluppano.
Alcuni assumeranno da soli una buona posizione mentre altri tenderanno a inclinarsi eccessivamente. La vegetazione nuova è molto delicata e facile a rompersi, quindi trattate la pianta con gentilezza estrema. Fino a quando un getto non avrà raggiunto uno sviluppo medio, non potrete far nulla, poi potrete cominciare a educarlo. Infilate il sostegno vicino al bordo del vaso in concomitanza del nuovo getto e legatelo accompagnandolo delicatamente verso il tutore. Quando vi trovate nella serra, date sempre un’occhiata alle piante posizionate in ultima fila giacché spesso vengono ingiustamente trascurate.
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Orchidea dai grandi fiori cattleya Porcia
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Questo articolo è stato scritto da Gioele_Porrini
Gioele Porrini è appassionato di orchidee ed ecologia tropicale dall’età di 17 anni.
Per nulla figlio d’arte, Gioele ha maturato la passione con il tempo; fin da piccolo appassionato di natura, scienza, piante, insetti e orticoltura, non aveva mai mostrato grande interesse per le orchidee.
‘Coltivare orchidee – dice Gioele – è come viaggiare ogni giorno per le più remote regioni tropicali senza spostarsi dalla serra, scoprendo passo dopo passo, alcune fra le più prodigiose meraviglie che l’evoluzione abbia creato.’
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