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Normativa del CBD in Europa: se la confusione che vige in Italia fosse solo l’inizio?

Normativa del CBD in Europa: se la confusione che vige in Italia fosse solo l’inizio?

L'industria europea della cannabis rappresenta, in questo periodo, un tema certamente caldo di cui si conosce poco e del quale ha certamente senso parlare.

Specie dal punto di vista imprenditoriale, ma anche là dove venisse nutrito un qualche interesse rivolto verso il mercato europeo della cosiddetta cannabis light, sostanza resa legale ormai da diversi anni in seguito a modifiche normative che hanno interessato la maggior parte dei Paesi del continente.

Nonostante sia possibile da tempo acquistare liberamente prodotti come i migliori estratti di CBD su Justbob e altri siti di riferimento per il settore, rimangono diversi dubbi sullo status legale della cannabis light.

Questo articolo intende porsi come un riepilogo dell’attuale normativa a livello Europeo.

Al netto della fiducia che serve e a scanso di equivoci o rischi che in questo settore sono tutto fuorché banali, in questo articolo abbiamo raccolto le informazioni più utili sulla regolamentazione del CBD in Europa con l’intento di offrire una visione generale di quello che sta accadendo all’interno di questo mercato.

Legalizzazione della cannabis in Europa: un quadro ancora troppo poco chiaro.

Come noto, la cannabis è considerata uno stupefacente a livello internazionale e, pertanto, la produzione, il possesso e il consumo di questa sostanza sono severamente vietati. L’unica eccezione è costituita dai prodotti a base di questa pianta che vengono utilizzati per scopi terapeutici o, più in generale, scientifici.

Negli ultimi anni, tuttavia, diversi Paesi hanno ridotto le pene per i consumatori di cannabis e alcuni ne hanno permesso persino l’acquisto entro certi limiti, ecco dunque presto spiegato come e perché sia oggi possibile.

Ciò che rende ancora molto complicato il panorama normativo della cannabis è che si tratta di un tema affrontato dalla legge in maniera, a volte, un po’ ambigua. In altre parole, il legislatore (soprattutto in Italia) spesso non fissa delle regole chiare e facilmente interpretabili, ma si perde in un ginepraio difficile da percorrere.

Ciò che è curioso, però, è che, a differenza di quanto credono in tanti, pare che il nostro non sia l’unico Paese a non aver definito con precisione lo status legale di questa sostanza.

Nonostante le leggi internazionali obblighino tutti i Paesi a imporre sanzioni penali per la compravendita di sostanze droganti per scopi non medici, alcune nazioni hanno agito controcorrente.

Nei Paesi Bassi, ad esempio, il commercio di cannabis è tollerato (benché comunque illegale) fin dagli anni '70. La ‘marijuana medica’, inoltre, è stata legalizzata con voto popolare in California, nel 1996, per trattare sintomi come il dolore cronico e, poiché non esiste un test oggettivo per valutare l’effettiva entità del dolore stesso, questa decisione ha di fatto reso libero il consumo di cannabis.

E nel resto dell’Europa?

In generale tutti i Paesi della UE considerano il possesso di marijuana come un reato, anche quando lo scopo è il semplice consumo personale. È anche vero, però, che un terzo di essi non punisce i reati minori legati alla cannabis con la detenzione.

Naturalmente, non è possibile indicare una condotta generale seguita da tutti i Paesi dell’UE in quanto ciascuno di essi persegue una propria linea politica: alcuni cercano di limitare la circolazione di questa sostanza pur permettendone il possesso, altri, invece, arrivano anche a incentivarne la compravendita.

Nei Paesi Bassi, ad esempio, i coffeeshop sono considerati in tutto e per tutto punti vendita legali nei quali è tollerato il consumo (spesso in loco) di cannabis.

Nota bene: questi locali sono gli unici luoghi nei quali è consentita la compravendita e il possesso di cannabis. Per il resto, i Paesi Bassi puniscono tali comportamenti con il carcere. Inoltre, i coffeshop possono portare avanti la loro attività solo aderendo ad alcune specifiche direttive.

Questi locali hanno iniziato a comparire negli anni Settanta e nel 2014 ne esistevano 591, di cui quasi un terzo ad Amsterdam. Attualmente il loro numero è calato, seguendo una curva discendente che ha iniziato a configurarsi a partire dagli inizi degli anni 2000.

Il motivo è che per essere normati, per quanto concerne la legislazione vigente nei Paesi Bassi, questi devono essere autorizzati dal comune, ma circa due terzi delle amministrazioni comunali hanno deciso di non permettere l’apertura di questi locali.

Questo dato sembra evidenziare la crescita di una tendenza proibizionista all’interno dei Paesi Bassi, un fenomeno che sembra riguardare, più in generale, l’intera Unione Europea.

L'Eurobarometro Flash intervista circa 500 giovani (di età compresa tra i 15 e i 24 anni) in ogni Paese. Nel 2011 e nel 2014 è stata chiesta ai giovani la loro opinione sulle droghe e, con grande sorpresa, l’indagine ha rivelato che più della metà degli intervistati era favorevole a vietare la vendita di cannabis piuttosto che a regolamentarla. Questa percentuale, però, è poi diminuita nel periodo successivo, passando dal 59% al 53%.

In conclusione
Sebbene l'Italia non sia nota per avere una legislazione chiara per la gestione della cannabis e dei suoi derivati, è curioso notare come in Europa anche Paesi storicamente progressisti come i Paesi Bassi, abbiano un quadro d'insieme tutt'altro che chiaro. 

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Questo articolo è stato scritto da Redazione

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